Ha cavalcato sulla sua tavola da surf l’onda più grande mai registrata sino ad ora. Hugo Vau, surfista professionista di 41 anni, di nazionalità portoghese ma cittadino del mondo e inseguitore di onde oceaniche ovunque si trovino, ha incantato il pubblico accorso al Galata Museo del Mare per ascoltare il suo racconto di quell’esperienza da record.
Nell’ambito degli “Incontri in Blu, uomini, donne e storie di mare” Hugo Vau è stato accolto come un una sorta di super eroe, acclamato da un pubblico composto soprattutto di giovani e giovanissimi che non hanno esitato a portare le loro tavole per conquistare un ambito “autografo”.
Del resto non è cosa di tutti i giorni cavalcare, surfando, un muro d’acqua di oltre 35 metri, la “Big Mama” di tutte le onde oceaniche.
Vau lo ha fatto senza possedere un classico fisico statuario da surfista californiano ma, piuttosto, con grande passione, amore per quello che fa e tanta buona volontà che gli ha fatto superare, uno dopo l’altro, tutti i “gradini” che separano l’uomo comune dal campione.
E forse proprio per questo, per l’indole schiva e la totale assenza di egocentrismo, Hugo Vau ha raccolto attorno a sé dai piccoli surfisti del progetto Surf Accademy di Bogliasco agli appassionati del Surf Club di Voltri.
Dopo le presentazioni di rito e la proiezione delle immagini della terribile onda che il 17 gennaio del 2018, a Nazaré, piccolo centro a nord di Lisbona e “cuore” del surf estremo, ha portato Vau alla celebrità, la sala gremitissima del Galata Museo del Mare ha potuto ascoltare il racconto degli eventi e fare domande su sensazioni, tecniche e filosofia di vita.
«Era l’ora del tramonto, ero rimasto soltanto io in acqua – ha raccontato Vau – A un certo punto il cielo e il mare si sono ammantati di luce dorata ed è arrivata la più mostruosa tra le onde giganti».
«Spesso la gente non realizza quanto sia speciale e nel contempo difficile mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, la magia di un momento che dura pochi secondi – ha proseguito il surfista – Pensa all’onda che si crea a 2 mila di miglia dalla costa, in pieno Oceano e che arriva sulla costa. Quando stai surfando devi pensare che arriva da così lontano e che la sua energia verrà rotta per sempre con la sua stessa esistenza. Quando io ci sono sopra penso che sto immagazzinando l’energia di quell’onda che da lì a poco andrà a sparire in pochi secondi nella mia anima e nella mia mente. Si diventa parte del tutto, si entra in connessione con la natura. Per me è un qualcosa di molto spirituale: sono connesso con l’Oceano e con me in quel momento ci sono tutte le decisioni che ho preso prima, per essere nel punto giusto, al momento giusto, in quel giorno, in quel determinato set. E penso anche che non ci sono solo perché lo voglio…».
Dal momento della corsa record il piccolo centro di Nazaré si è trasformato nella capitale europea delle onde giganti e di quella particolare specialità del surfing denominata tow-in surfing, che vede i surfisti scalare autentici muri d’acqua trainati da un jet-ski e quindi gettarsi in una discesa adrenalinica quanto pericolosa.
«E’ come venir giù da una montagna con lo snowboard e con una valanga dietro le spalle» scherza Vau.