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ALLA VENARIA TORINO. ROMA.
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italia, Svizzera è deceduto il 3 febbraio 2024 il principe Vittorio Emanuele di Savoia (Vittorio Emanuele Alberto Carlo Teodoro Umberto Bonifacio Amedeo Damiano Bernardino Gennaro Maria; Napoli, 12 febbraio 1937 – Ginevra, 3 febbraio 2024) è stato un membro di Casa Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II e di Maria José; dal 1983 è stato pretendente al trono d’Italia in disputa dal 2006 con la linea dinastica di Aimone di Savoia-Aosta; era sposato con Marina Doria, da cui ha avuto un figlio, Emanuele Filiberto.
Acclamato alla nascita (1937) principe dell’Impero, Vittorio Emanuele ricevette dal nonno il titolo di principe di Napoli, come d’uso in Casa Savoia per i principi ereditari e loro primogeniti in alternanza con quello storico di principe di Piemonte, allora attribuito al padre Umberto, in quel momento erede al trono.
Nel 1938, anche se la notizia trapelerà molti anni dopo, secondo fonti diplomatiche britanniche Maria José del Belgio si sarebbe accordata con Rodolfo Graziani e con il capo della polizia Arturo Bocchini per tentare un colpo di Stato a opera di alcuni reparti delle forze armate, con Pietro Badoglio come comandante in capo, azione che sostituisse Benito Mussolini con un «avvocato milanese antifascista» (probabilmente Carlo Aphel) e costringesse Vittorio Emanuele III ad abdicare in favore di Umberto; Umberto era, a sua volta, d’accordo con la moglie per abdicare subito in favore del piccolo Vittorio Emanuele; la stessa Maria José sarebbe stata nominata reggente del Regno in deroga allo Statuto Albertino, fino al compimento dei 21 anni del giovanissimo ipotetico sovrano.
Questo presunto complotto, che vedeva d’accordo anche Italo Balbo, l’anglofilo Dino Grandi e l’antitedesco e ambizioso genero del Duce, Galeazzo Ciano, non andò comunque oltre un incontro preliminare a Racconigi e alcune riunioni a Milano, e Maria José non ne parlerà mai direttamente.
Seconda guerra mondiale
Vittorio Emanuele III, Umberto II e il piccolo Vittorio Emanuele
Il 7 agosto 1943, su ordine del re, lasciò Roma con la madre Maria José e le tre sorelle, raggiungendo Sant’Anna di Valdieri in Piemonte. L’allontanamento dalla capitale fu probabilmente al contempo sia una misura atta a stroncare il pericoloso “attivismo” della principessa di Piemonte, sia un tentativo di mettere al riparo il futuro principe ereditario da operazioni di cattura tedesche.
Trasferitisi, per motivi di sicurezza, al castello di Sarre, la sera dell’8 settembre 1943 ricevettero l’ordine di partire per la Svizzera; a guerra finita, lui e le sorelle poterono tornare a Roma, preceduti di qualche giorno dalla madre.
Abdicazione di Vittorio Emanuele III e referendum istituzionale
All’abdicazione del nonno il 9 maggio 1946, divenne principe ereditario. Il 5 giugno, poco dopo le votazioni per il referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, data l’ostilità dei ministri e dei capi di partito, Umberto II ordinò a Maria José di lasciare l’Italia con i figli, in modo da attendere i risultati delle consultazioni al riparo da rischi per le loro vite.
Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1946 il governo, senza attendere la proclamazione dei risultati definitivi da parte della Corte di cassazione (prevista per il 18 giugno), conferì i poteri di capo provvisorio dello Stato al presidente del Consiglio. Umberto, giudicandolo un gesto rivoluzionario, decise di lasciare l’Italia nell’intento di evitare ulteriori spargimenti di sangue.
Esilio
Vittorio Emanuele col padre Umberto II il 5 ottobre 1949
La Costituzione repubblicana, entrata in vigore il 1º gennaio 1948, stabilì per gli ex-sovrani, loro consorti e discendenti maschi di Casa Savoia il divieto di ingresso e di soggiorno nel territorio nazionale.
Andarono a risiedere in Svizzera, in una villa a Merlinge, nel comune di Meinier, e il giovane Vittorio Emanuele studiò a Lancy, al cattolico Institut Florimont.
Durante l’esilio, conclusosi alla fine del 2002,[svolse un’attività di intermediario finanziario, stringendo amicizie e legami d’affari con grandi industriali, in particolare la famiglia Agusta.
Matrimonio e giovinezza
«Con Corrado Agusta, e il suo segretario Franco Chiesa, in un negozio abbiamo comprato due fedi, in un altro un bouquet preconfezionato, poi siamo andati davanti a un giudice di pace, il quale ci ha sposato. Era l’11 gennaio del 1970, a Las Vegas, Nevada, Usa. Matrimonio civile di cui non informai nessuno, neanche i miei genitori.»
(Lampi di vita. Storia di un principe in esilio, 2002, p. 187.)
Dopo un lungo e contrastato fidanzamento durato circa tredici anni, più volte avvertito della palese contrarietà del padre con scritti riservati all’inizio degli anni sessanta riferiti sia al suo fidanzamento con Dominique Claudel sia esplicitamente a Marina Doria, sposò quest’ultima civilmente l’11 gennaio 1970 a Las Vegas e, religiosamente, il 7 ottobre 1971 a Teheran. Già precedentemente, durante il periodo degli studi universitari, a causa della sua condotta, aveva da tempo smesso di ricevere l’appannaggio stabilito da Umberto II per i propri figli, mentre dopo le nozze venne stabilita l’equa ripartizione dell’eredità paterna tra tutti i figli, contrariamente all’originaria decisione di Umberto II di assegnare una quota maggiore al figlio, in quanto suo erede dinastico.
«Quando terminai il liceo e divenni maggiorenne mio padre decise che noi figli dovessimo godere di un appannaggio mensile, che era di mille franchi svizzeri per ciascuna delle mie sorelle e di duemila per me. Vivevo ancora a Merlinge con Maria José e le mie sorelle, ma grazie a quel denaro potevo permettermi di studiare all’università, fare un viaggio ogni tanto e…insomma potevo incominciare in qualche modo a gestirmi da solo. Poi, un bel giorno, questo prezioso appannaggio mi fu tolto all’improvviso. Sono sicuro che non fu mio padre a prendere questa decisione, ma che gli fu suggerita dai soliti cortigiani malevoli. Per timore di perdere il potere acquisito, ora che il principe ereditario cresceva e acquistava consapevolezza, questi cattivi consiglieri cercavano in ogni modo di screditarmi agli occhi di mio padre.»
(Lampi di vita (2002), p. 97.)
Che vi fossero delle incomprensioni fra padre e figlio dettate anche da notizie distorte, Umberto II dovette effettivamente intuirlo, tanto da invitare nel 1961 l’ex Capitano del Regio Esercito e medaglia di bronzo al Valor Militare Franco Mattavelli a rimanere vicino al figlio.
Prima del matrimonio non erano mancati alcuni gesti significativi da parte del padre, come la nomina a Cavaliere dell’Ordine supremo della Santissima Annunziata nel 1955, in occasioni ufficiali (come il 31 ottobre 1965, quando il principe si collegò al congresso del Fronte Monarchico Giovanile dell’Unione Monarchica Italiana dando lettura del Bollettino della Vittoria per incarico del padre) o in occasione di alcune visite di Umberto II a Merlinge.
Umberto II più volte aveva ricordato al figlio la perdurante validità delle secolari leggi dinastiche e delle disposizioni del codice civile relative al “regio assenso”, che non venne concesso per il matrimonio con Marina Doria. In base a questo atto contrario alle regole dinastiche, Amedeo di Savoia giustificò poi le sue pretese di capo di Casa Savoia. Dal matrimonio con Marina Doria è nato nel 1972 Emanuele Filiberto.
Atto di deposizione di Umberto II
Poiché le leggi dinastiche di Casa Savoia riguardano i matrimoni dei principi, ma non i matrimoni dei re, il 15 dicembre 1969, essendo consapevole delle vigenti leggi e del rifiuto del padre di acconsentire al suo matrimonio con Marina Doria, su consiglio del gran maestro del Grande Oriente d’Italia Giordano Gamberini aggirò l’ostacolo ed emanò un “decreto reale” nel quale si elevava a re, autoproclamandosi Vittorio Emanuele IV re d’Italia, in quanto, secondo lui, succeduto ipso iure al padre nel 1946 come conseguenza della sua partenza per l’esilio, considerata da lui come un’abdicazione. «Per effetto della avvenuta successione, Ci competono anche i diritti di Capo legittimo della dinastia Sabauda e tali diritti eserciteremo d’ora innanzi, solo temperati dalla discrezione che lo stato fisico e morale di S.M. l’ex Re Umberto II detta alla Nostra coscienza di figlio». Il giorno successivo, al fine di sanare la condizione borghese della fidanzata, in qualità di “re d’Italia” emanò un secondo (e ultimo) “decreto reale”, col quale conferiva a Marina Doria il titolo di duchessa di Sant’Anna di Valdieri. Pochi giorni dopo, l’11 gennaio 1970, la sposò civilmente a Las Vegas, contraendo in seguito anche le nozze religiose a Teheran.
Attività dall’esilio
Coerentemente alle proprie rivendicazioni dinastiche, cui si fa riferimento nell’apposita sezione legata alla questione dinastica, dalla morte del padre Umberto II ha portato avanti una serie di attività legate al proprio preteso ruolo di capo di Casa Savoia.
- In occasione del Capodanno del 1992 ha richiesto ufficialmente alla Repubblica Italiana di adoperarsi per una revisione del Trattato di Osimo.
- Durante i funerali di Baldovino I del Belgio, suo primo cugino, nell’agosto del 1993, accompagnando la madre Maria José, ha incontrato il presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro, rinnovando la propria disponibilità a trovare un punto d’incontro per la fine dell’esilio.
- Il 3 giugno 1995 incontrò il presidente del Senato Carlo Scognamiglio all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi, che gli assicurò il proprio appoggio per l’abrogazione della XIII norma costituzionale sull’esilio dei Savoia.
- Nell’agosto del 1996 ricevette nella sua villa di Cavallo il ministro degli Esteri Lamberto Dini.
- Nel luglio del 1999, sempre in previsione del rientro dall’esilio, ricevette sempre a Cavallo l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga; era la prima volta dal 1946 che non si teneva un incontro ufficiale tra un membro di Casa Savoia e un rappresentante diretto della Presidenza della Repubblica.
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